Domenica 06 Ottobre ’19, la Santa Messa sarà celebrata alle ore 8.30 nella chiesa di S. Pietro.

Brani della XVII Domenica dopo Pentecoste:

Asperges meKyriale pag. 6
Kyrie – Gloria – Sanctus – Agnus Dei   (Missa XI Orbis factor – In Dominicis per AnnumKyriale pag. 46
Credo IKyriale pag. 67
Communio – Ubi caritas et amorCantus Selecti pag. 17
Finale – Stabat MaterCantus Selecti pag. 126

Domenica decima settima dopo Pentecoste

(Ef 4,1-6; Mt 22,34-46)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 6 ottobre 2019

Gesù nel suo ministero non aveva vita facile, pedinato e continuamente insidiato com’era da scribi, farisei e dottori della legge, che gli ponevano domande su domande, quesiti su quesiti, per coglierlo in fallo e poterlo condannare. Il Vangelo ci ha detto: “i farisei si riunirono e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò mettendolo alla prova”.

Ma neppure i suoi avversari avevano vita facile con Gesù: lo avvertivano una personalità ‘imponente’. Un giorno che aveva guarito un malato di sabato ed era stato per questo contestato, e aveva posto a chi lo criticava la domanda: “Se un vostro asino o bue cadesse in un pozzo, voi non lo tirereste su subito? Aspettereste forse il giorno dopo che non è giorno di riposo?”, “a tali parole -nota il Vangelo- non potevano rispondere nulla” (cfr Lc 14,1-6). In un’altra occasione, in cui i sadducei gli avevano posto il problema di chi fosse moglie, nell’al di là, la donna che aveva avuto sette mariti, e Gesù aveva risposto: “Voi non capite né la Scrittura, né la potenza di Dio; nella risurrezione non si sarà moglie e marito al modo che lo si è qui”, i sadducei -nota il Vangelo- “non osavano più fargli alcuna domanda” (cfr Lc 20,21-40). E nella parte finale del brano evangelico che abbiamo ora ascoltato, alla domanda di Gesù: “Se Davide chiama il Messia ‘Signore’, come può essere suo figlio?”, “nessuno fu in grado di rispondergli nulla; né alcuno, da quel giorno in poi, osò più interrogarlo”, dice l’evangelista Matteo.

Gesù era sentito personalità ‘imponente’. Purtroppo imponente in senso negativo, come avversario e nemico, mentre egli è solo amico, buono e salvatore. Ma dev’essere sentito personalità imponente! Cioè personalità che noi avvertiamo grande, importante, piena di senso per la nostra vita. Non fu forse così per i primi suoi seguaci, per gli apostoli, che lasciarono casa, lavoro, affetti per seguirlo; fino a dare, a sua testimonianza, la vita?

Sentiamo san Paolo: “Per me vivere è Cristo” (Fil 1,21); “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). “Tutto ormai io considero una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto considero spazzatura, al fine di guadagnare lui” (Fil 3,7-8); “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9); “egli è l’immagine del Dio invisibile; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è il capo del corpo che è la Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Egli ha riconciliato tutto con il suo sangue sulla croce, cioè per mezzo di sé, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,15-20). “Io ritengo -scrive ai Corinzi- di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1Cor 2,2).

Il grande pensatore russo Soloviev, convertitosi al cattolicesimo alla fine dell’Ottocento, in uno dei suoi dialoghi dell’‘Anticristo’, fa dire all’imperatore: “Ditemi, voi cristiani, ciò che più vi sta a cuore nella vostra religione, perché desidero che il cristianesimo si dilati e si diffonda”; a lui il vecchio starets risponde: “Grande sovrano, quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da lui, giacché noi sappiamo che in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità”.

Cristo, la cosa a noi più cara, il tesoro a noi più prezioso, la persona più amica, più amata, più cercata, più desiderata. Cristo, che si impone ai nostri pensieri e alla nostra vita per la sua bontà, per la sua tenerezza, per la sua voce, per la sua croce, per la sua parola, per le sue promesse; che s’impone con la sua grazia, con la sua presenza, con la sua salvezza, con tutto se stesso; lui, il Figlio di Dio!

“Signore Gesù, che io ti voglia bene; che io avvolga attorno a te le mie giornate, la mia vita. Che io non ti perda di vista! Imponiti a me, Gesù; non avere paura di farlo: imponiti! Te lo chiedo, te ne supplico! Ascoltami ed esaudiscimi”.

don Giovanni Unterberger

06 Ottobre ’19 – XVII Domenica dopo Pentecoste

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